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Giovedì, 03 Gennaio 2013 18:18

So-khuan: la terapia delle anime

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Tra le culture più sorprendenti nelle quali ho avuto la fortuna di imbattermi, quella che mi ha maggiormente affascinato è senza dubbio quella laotiana, del Laos, che ha una visione della felicità e della salute davvero inconsueta.

Per le genti del Laos, tutto è condizionato e disciplinato dalla ferma e ferrea convinzione dell'esistenza dell'anima, che condividono non solo con molte popolazioni limitrofe, da quelle del basso Mekong, a quelle dell'area thai, ma anche del sud-est asiatico, dal Borneo alla Malesia.

 

Ma la visione Laotiana è unica nel suo genere e nella sua espressione, poiché qui l'Animismo e il Buddhismo “formano una unità strutturale religiosa e appaiono come duecomponenti o sottosistemi della religione”e più precisamente, “attraverso l'Animismo il laotiano ricerca il benessere e la protezione terrena, mentre il passaggio al Buddhismo avviene in risposta ai problemi essenziali della vita, è una via di salvezza extra-temporale” (Marcel Zago, 1972).

Il vocabolo con cui i laotiani indicano l'anima è “Khuan”.

Secondo Ruth-Inge Heinze ( Khuan Tham, 1982), l'idea di khuan è trasversale alle categorie occidentali “psicologico” e “spirituale”. Il concetto laotiano di anima, infatti, sembra da una parte “oggettivizzare” alcune caratteristiche psicologiche, soprattutto l'equilibrio psicologico e del singolo, ma altrettanto le spiritualizza.

Per i laotiani, in effetti, il khuan (o anima) non è un'entità unica, ma è composta di di 32 diverse anime. Ognuna presiede ad una specifica parte del corpo. Ogni tribù, gruppo e popolazione ha la propria concezione di tali corrispondenze. Vengono a volte associate, con i “32 segni di potenza” presenti sul corpo del Buddha, interpretabili in tal senso come i segni lasciati da ogni anima sul corpo umano.

Secondo Lafont, che ne scrisse in un articolo del 1953 sui gruppi Thai dell'altopiano centrale della regione del Delta Mekong, i khuan di ogni persona, corrisponderebbero alla seguenti parti: cranio, fronte, occhi, bocca, naso, orecchie, collo, cuore, polmoni e fegato, intestino, stomaco, spalle, scapole, vescica, pancia, ascelle, seno, fianchi, vita, glutei, fianchi, cosce, ginocchia, piante dei piedi, braccia, mani, caviglie, polsi, dita dei piedi, dita delle mani, gomiti. Ad esse andrebbero poi aggiunti la rondine-Khuan, che simboleggia la capacità di sostenere lunghe passeggiate e il drago-khuan, il proprio il coraggio e la propria potenza.

Secondo Elena Gregoria Chai Chin Fern invece, i nomi e le corrispondenze vanno ricercate sul corpo , procedendo dai piedi verso il capo, dai capelli alla schiena all'interno del corpo, alla superficie della pelle e sarebbero i seguenti:

1) pom tang lai - capelli

2) kon – peli delle braccia, gambe ecc

3) lep - dita

4) kaew - denti

5) nang - pelle

6) sin - muscoli

7) aen - tendini

8) kadu - ossa

9) neaw nai kadu – membrana ossea

  • 10) mam – milza

  • 11) hua chai - cuore

12) tap - fegato

13) pang phet - ???

14) tai - visceri

15) pot - polmoni

16) sai nyai – intestino crasso

17) sai lat sai – intestino tenue

18) ahan mai – cibo nuovo

19) ahan kow – cibo vecchio

20) nam dir - bile

21) nam salek - muco della gola

22) nam lieng – plasma sanguigno

23) nam like - sangue

24) nam heai - sudore

25) nam man kon – acqua paludosa

26) nam tar - lacrime

27) nam man liew – olio grasso

28) nam lai - saliva

29) nam mu - muco nasale

30) nam man kai kor – fluido delle giunture

31) nam mut - sperma

  • 32) nyer nai samua hua – membrana del cervello

Si crede inoltre che 20 khuan vengano ereditati dalla madre e 10 dal padre. Secondo i laotiani la causa di ogni malattia è da ricercarsi nell'allontanamento di una o più khuan dal corpo cui appartengono, oppure, la presenza di un numero di khouan superiore a 32. L'unica eccezione sarebbe rappresentata da poche persone “speciali”, come coloro che sono in grado di liberare spontaneamente la loro anima durante la meditazione, i quali avrebbero più khuan del normale.

E la cura, se qualche anima si allontana?

E' una cerimonia, un vero e proprio rito religioso, in cui si mescolano armoniosamente elementi animistici, buddhisti, induisti, in un insieme unico nel suo genere. Si chiama Sokhuan o Baci, il “richiamo delle anime”o il “chiedere all'anima di ritornare”. Si esegue in occasione delle nscite, dei matrimoni, dell'ingresso in monastero, quando si lascia la propria abitazione per periodi lunghi o vi si fa ritorno dopo molto tempo, in caso di malattia o all'inizio del nuovo anno.

L'amministra un Mor Phon, un anziano ordinato sacerdote, oggi per lo più un monaco buddhista. Tra gli ingredienti necessari ha primaria importanza il riso (kaw Jau), prodotto alimentare che in asia è ricco di significati simbolici. In particolare il kaw niow (riso glutinoso o appiccicoso), utilizzato come accompagnamento di tutte le pietanze, come il pane per gli occidentali, è ritenuto il portatore di vita attraverso il divino, simboleggia la sopravvivenza e il sostentamento. Insieme al riso nelle cerimonia vengono impiegate foglie di particolari piante:

  1. Bai Ngo (Nephelium lappaceum), che significa “ Nyok ngo kern”, ciò che tutto solleva

  2. Bai Khun (Cassia fistola), “Hai mam khun”, “moltiplicare”

  3. Bai Kham (Tamarindus indicus), da “Kam”, oro

  4. Bai Ngoen, da “Ngoen”, denaro

  5. Bai Sam Sen Nga, da “Sampan nga”, migliaia di sostegni, di pali.

     

Il significato augurale complessivo di queste cinque foglie potrebbe essere: Per elevare tutta la bontà o la giustizia, per moltiplicare tutto ciò che è buono, per un sacco di oro e denaro, per avere una vita stabile, con il supporto di migliaia di sostegni.

Il riso e le foglie, insieme a fiori, dolciumi, uova, candele foglie di banano, liquore di riso e cibarie sono i pa khuan, le offerte, che vengono posizionate su un vassoio d'argento (khan). In alcuni casi si sacrifica un maialino, la cui testa cotta viene poi posta sul medesimo vassoio.

La cerimonia prosegue, tra canti preghiere e scongiuri, finché le anime errabonde tornano vicino al corpo della persona da cui si erano allontanate. A questo punto, per evitare che volino di nuovo via, si lega un sottile filo di cotone candido al polso della persona. Il filo, che legando il polso lega le anime non va mai tagliato, meglio attendere che consumandosi, si stacchi da solo.

 

 


BIBLIOGRAFIA:

 

Elena Chai, OF SOUKHUAN AND LAOS in The Heart of Indochina: Its People and Their Beliefs. Unpublished Master’s dissertation. Hitotsubashi University, Tokyo, 2000

Marcel Zago, Rites et Ceremonies en Milieu Bouddhiste Lao, Università Gregoriana Editrice, 1972

Ruth-Inge Heinze, Tham Khwan, Singapore University Press, 1982

Goudineau, Cultures minoritaires du Laos, Ed. UNESCO

H.Mouhot, Voyages dans les Royaumes de Siam, de Cambodge et de Laos, Paris, 1868

www.ClaudioBussolino.com

 

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Francesco Teruggi

Scrittore e giornalista pubblicista. Direttore delle collane "Malachite" e "Topazio" presso Giuliano Ladolfi Editore. Autore del saggio divulgativo "Il Graal e La Dea" (2012), del travel book "Deen Thaang - Il viaggiatore" (2014), co-autore del saggio "Mai Vivi Mai Morti" (2015), autore del saggio "La Testa e la Spada. Studi sull'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni" (2017), co-autore del saggio storico "Il Filo del Cielo" (2019) pubblicato in edizione italiana e in edizione francese. Presidente dell'Associazione Culturale TRIASUNT. Responsabile Culturale S.O.G.IT. Verbania (Opera di Soccorso dell'Ordine di San Giovanni in Italia).

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