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Lunedì, 07 Gennaio 2013 19:31

Da dove nascono le idee

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E’ solo quando contempli il risultato di un processo

nel quale tutti stanno raccogliendo la loro parte,

che puoi dichiararti veramente soddisfatto,

e sai nel Cuore di aver agito per il meglio”

Da dove nascono le idee?

Ci vengono in mente almeno due risposte: dal basso (dalla terra) o dall’alto (dal cielo). Entrambe appartengono alla nostra sfera d’esistenza, ma la nostra attenzione cosciente spesso non risuona, soprattutto con la prima.

Questa mancata risonanza può avere effetti più gravi di quanto ci si possa immaginare: non considerando un aspetto o polarità, infatti, i risultati finiscono per rimanere zoppi e non riescono, per loro natura, ad arrivare molto “lontano” o peggio ci illudonop, invece, vogliono essere un più raro esempio di unione di tutte e tre le forze, che naturalmente creano l’esistente e possono perciò plasmare la vita.

Sei mani e tre menti hanno lavorato per far nascere questa collaborazione. Essa possiede in sé tutte le tre polarità e attinge sia alle ispirazioni terrene che a quelle celesti. Contempla in sé, fin dal suo concepimento, un duplice scopo: dare l’imprinting ai contributi che verranno in seguito (espressione dello yin) e tracciare un sentiero davanti a sé, al quale si accorderanno come note su uno spartito musicale (espressione dello yang). Quanto alla terza forza, per sua natura non può essere polarizzata, quindi è meno visibile, ma ha il compito di armonizzare le spinte.

Perciò i contributi che leggerete sono i primi frutti del lungo camminare solitario di ognuna delle tre forze, che nel lavoro si costruiscono e si preparano al confronto e alla prova.

E’ un incontro vivo di forze, di mani, di cervelli, di ispirazioni e non può rimanere nascosto. Quindi ne condividiamo volentieri i risultati, ringraziando quelli tra voi che vorranno regalarci la pazienza di leggerli.

 

TIFERET: IL CALORE DELLA BELLEZZA

 

"Se una qualche forma di unione deve prendere posto tra opposti come spirito e materia, conscio e inconscio, luminoso e oscuro, e così via, si affermerà come una terza cosa, che non rappresenta un compromesso, ma qualcosa di nuovo" (C. G. Jung, Mysterium Conjunctionis, 1955)

 

L’Albero della Vita è un diagramma, centrale nella dottrina mistica ebraica (Kabbalah), composto da dieci stazioni chiamate Sefirot. Una Sefirah è, come suggerisce il nome - da cui discendono anche le nostre parole Sfera, Cifra e Zaffiro - qualcosa di perfetto, di divino (numero o numen) e di prezioso. Le dieci Sefirot (più una misteriosa undicesima, Da’at) sono associate alla discesa dell’anima nei piani più densi della Creazione#, quindi tappe dell’incarnazione, ma possono rappresentare anche aspetti della nostra esperienza, nonché parti del corpo. Le Sefirot non sono Dio, ma è come se fossero "ripetitori risonanti” delle frequenze divine, adatte a ciascuna dimensione di espressione del “raggio di creazione”.

Tiferet, la sesta Sefirah, si trova sullo stesso asse centrale della Sefirah più elevata, Keter o Corona; svolge la funzione del Sole nel Sistema solare. E’ legata a tutte le sfere per la sua posizione centrale, ma può subire l'effetto accerchiante e schiacciante delle proprie libertà da parte (appunto) di queste ultime, oppure esercitare un eccessivo controllo su tutte e rallentare tutto il sistema-Albero. In questo caso il Sole bianco, luminoso, che tutto dà, si trasforma nel Sole nero, che tutto prende.

Tiferet , in questa dimensione, assolve a diverse funzioni, che noi ascriviamo a Dio e che sono in precedenza state assegnate alle divinità solari di tutte le culture del pianeta.

 

E’ la luce dell’Aton egizio, che illumina e diffonde i suoi raggi benevoli (terminano con mani) sull’uomo, scaldandolo. E’ il sol invictus (il Ra egiziano), che ad ogni tramonto affronta le tenebre e ad ogni alba le sconfigge illuminando il giorno. Ma la sua luce può essere altrettanto bruciante e distruttiva, come il fuoco: si pensi ad esempio alla sua raffigurazione egizia nelle fattezze della dea leonina Sekhmet (è anche l’occhio “nero” di Ra; l’altro, l’occhio “bianco” è Horus, la luce vivificatrice), oppure alle manifestazioni del Dio biblico, che spesso facevano uso del fuoco (p. es. gli incontri di Mosè con il roveto ardente), o ancora a San Paolo, i cui occhi furono bruciati (fu reso cieco) dalla luce divina.

Allo stesso modo non stupisce che, nella tradizione cristiana, Gesù sia spesso assimilato al Sole d'oriente, quello nascente (è colui che risorge dai morti, dalle tenebre, dalla notte). In particolare è il sole nascente dell’Equinozio, del periodo in cui la durata del giorno e della notte si equivalgono: un ulteriore e potente richiamo all’equilibrio e alla forza conciliante di Tipheret. Del resto, proprio come quella del sole che lascia il giorno per affrontare la notte, l’immagine del dio crocifisso è emblematica della capacità di sacrificare (rendere sacro)# se stesso attraverso la rinuncia all’illusione e all’identificazione, per sottomettersi a questa dimensione.

La sesta Sephirah è insomma la luce-vita-calore del sole che fa crescere le piante, l’Inti"generatore di vita" degli Incas sudamericani, il Nanauatl azteco che si sacrifica nel fuoco per continuare a brillare, il Surya con tre facce dei veda indiani e la Gnowee aborigena con la torcia accesa tra le mani#.

Tipheret è tradizionalmente associata, nella Kabbalah occidentale (cristiana), al plesso solare, in cui troviamo la regolazione dei gangli nervosi di tutto il corpo.

Facendo un parallelo con la Medicina Tradizionale Cinese, il plesso solare appartiene al livello energetico SHAO YANG E JUE YIN o livello di mezzo. Esso è caratterizzato dal FUOCO (yang), e dal vento (Yin). Appartengono a questo livello energetico i quattro meridiani di fegato, triplice riscaldatore, mastro del cuore, vescica biliare.

Delle tre forze TIPHERET rappresenta quella neutra , la conciliatrice. Presiede alle emozioni, al campo mentale emotivo. E' questo il “corpo” che, se lasciato libero di interagire e non costretto da strutture di personalità sclerotizzate, permette la corretta elaborazione delle impressioni emotive esterne e le trasforma in essere e conoscenza attraverso un continuo lavoro integrato fra i corpi. Si producono in questo modo le modificazioni e i miglioramenti della struttura esserica in tutti i livelli della materia, dalle cellule in su#, e anche ulteriore energia di scorta, stoccata presso il campo di pertinenza dei RENI.

Abbiamo riscontri in entrambi i livelli di significato:

1: nell'Albero della vita: è al centro, è come un Sole che irradia le sfere attorno (-> plesso SOLARE)

2: nel corpo è collegato al plesso solare, all'inizio della fascia del campo azzurra in cui risiede anche il 4° Vortice Magno; il suo numero risonante è il 27.

Tipheret equilibrata dona il suo contributo alle altre due sfere polarizzate (Chesed e Ghevurah), mantenendo stabile la loro armonizzazione; ciò permette la libera espressione del fluire sinusoidale, entro limiti che proteggono in gran parte dall’identificazione delle sfere con la loro funzione. La qualità correttiva di TIPHERET, la neutra, è in verità bilanciatrice, e si manifesta anche nel dichiarare alle compagne il RITMO giusto, di volta in volta mutevole, prodotto dalle variabili interne ed esterne alla triade.

La disarmonia invece, in TIPHERET, tende ad esprimersi nel venir meno della sua funzione bilanciatrice, di nuovo con un doppio effetto:

1: interno (yin), tende all'annullamento della propria forza e azione, identificandosi in una delle due polarità e accrescendola a dismisura a scapito dell'altra.

2: esterno (yang), tende ad accentrare le forze togliendo le possibilità d'espressione alle sfere polarizzate, oppure abbandona il controllo protettivo delle forze distruttrici interne ed esterne, lasciandolo alla voce del templare, che non sta nè a destra nè a sinistra, ma ti arriva da dietro quando meno te lo aspetti!

Compito di TIPHERET bilanciatrice è anche quello di mantenere gli equilibri tra forze opposte. Nessuna deve sopraffare eccessivamente l'altra. Lasciate libere di esprimersi nella tempistica, nella modalità e quantità corrette, crea il ritmo, così come descritto ad esempio nel TAO e nel suo simbolo. La funzione bilanciatrice si sviluppa secondo due linee di intervento: una tendente a sedare o accentuare le forze, l'altra nel permettere alle polarità sconfinamenti leggeri o quantomeno coerenti con le variabili di tempo, modo e quantità.

Ognuna di esse tenderà per sua natura allo sconfinamento, nel campo di pertinenza delle altre, e questo è corretto e naturale , derivante sia dalla legge del tre, sia dalla legge di risonanza negli equilibri opposti.

 

 

 

GEVURAH: LA FORZA GIUSTA

 

Nigra sum sed formosa

filiae Ierusalem

sicut tabernacula Cedar

sicut pelles Salma

Cantico dei Cantici, 1,5

 

Le ragioni dell’ «ardente desiderio», del «cercare con il cuore», della materia che si trasforma, sono l’essenza di Gevurah, la quinta sephirah. Essa è la forza e il discernimento, la separazione della luce dalle tenebre nel secondo giorno della Creazione biblica.

Per gli alchimisti è l’atto stesso della trasmutazione, che filtra dalla materia indifferenziata di Chesed le impurità, donandole nuova vita.

E’ la forma in cui si manifesta lo Spirito Universale, la polarità yin che esprime la struttura. Prende forma e vita dal meridiano straordinario REN MAI, il mare dello Yin, che si occupa di costruire, delimitare e proteggere il corpo in tutte le sue manifestazioni. Delle tre forze, Gevurah rappresenta, infatti, quella Yin, la negativa, quella che oppone resistenza alla “positiva affermante”, rappresentata da Chesed#.

Nella simbologia di tutte le tradizioni si identifica con il vaso, il calice, il ventre, la terra, lo scrigno. Sono tutte metafore per quel “luogo” in cui si compiono le “meraviglie” dello spirito: la nascita, la rinascita e la trasmutazione. Senza il contenitore, la trasformazione non è infatti possibile.

Gevurah è il contenitore che con la sua forza riesce a contenere l’amore di Chesed#.E’ l’archetipo del contenitore per eccellenza: essendo polarizzata MINUS possiede la grande capacità di contenere la forza vitale amorevole (PLUS), ma ad essa si lega inevitabilmente per stabilizzarsi nella sua propria funzione e non deviare da essa. L’amore vitale (contenuto) altrettanto necessita di questa sua controparte per mantenere nello stesso modo la polarità a cui appartiene. Se è in equilibrio è il contenitore ideale, né troppo rigido, né troppo lassivo, che riesce a modellarsi secondo le necessità del momento e le spinte dello yang; se ci sono spite eccessive le placa (funzione di resistenza); se sono corrette, si modella costruendo ad hoc il contenitore, sia nel materiale, sia nella forma. Queste due variabili sono della massima importanza: sono loro il collegamento vero e proprio con la terra e le energie femminili, che permettono alle nostre essenze di rimanere in questa realtà.

Ne troviamo una curiosa espressione in certe rare raffigurazioni mariane medievali note come “Vierges Ouvriantes”. In tali sculture, di solito lignee, la Vergine alchemica, la “Madre di Dio” cristiana nella sua più ampia accezione, la Madre Terra, la Grande Dea degli antichi e il “contenitore” si fondevano, assumendo la forma complessa di una Madonna (a volte ritratta mentre allatta, altre solo con il Bambino sulle ginocchia o in braccio) costruita in modo da poter alloggiare al suo interno, come in uno scrigno, la Trinità.

Per questa sua caratteristica di “contenere” e per il suo posizionamento sul ramo sinistro (yin) dell’albero, Gevurah risuona con il meridiano di cuore, appartenente al livello Shao Yin insieme a Reni e, all’opposto, al Tai Yang, a cui appartengono i meridiani di Vescica e intestino tenue; ai primi è associato l’elemento Freddo, mentre ai secondi il Calore.#

Nel primo corpo la pelle è una degno veicolo dell’espressione dello yin. Le sue funzioni sono molteplici: protettive, di contenimento, di separazione ma anche di collegamento tra interno ed esterno; di dar forma ai contenuti da questo lato carenti (ad esempio tutti i fluidi: cibo, acqua, sangue, urina, ecc...).

Presso gli antichi Egizi, la “pelle” dell’Universo era la dea Nut, soprattutto nella sua essenza primordiale di “femminilità del cielo”, di “abisso da cui tutto proviene” , di “massa liquida che separa i mondi e insieme, li contiene#. Si poteva “uscire nel giorno”, rinascere a nuova vita nell’eternità solo attraverso il ventre della dea, sottoponendosi alla “pesatura del cuore”.

Nella medicina tradizionale cinese CUORE è il contenitore dello shen#, lo spirito che tutto pervade e che dona la vita; si raccoglie nel cuore sia lo shen donato alla nascita, sia quello prodotto dalla essenza durante l’esperienza del vivere quotidiano.

 

 

CHESED: L’AMORE SENZA LIMITI

 

Sono appena uscito

Dalla mia tomba

Là vado, non sono uno schiavo

Nella mia mano destra

C’è la spada della verità

Nella mia sinistra

Il fuoco dell’amore

(Free, Seven Angels)

 

Chesed, il cui nome significa Grazia, o Misericordia, rappresenta, nella nostra triade di Sephirot di cui oggi completiamo la descrizione, la polarità PLUS. La triade, lo ricordiamo, è composta da Chesed, da Gevurah, polarità MINUS e Tipheret, il NEUTRO, la terza forza equilibrante. Insieme costituiscono un accordo, dove ogni nota suona diversa eppure in armonia con le altre.

Ma torniamo alla nostra Sephirah.

La sua polarità risonante è YANG, coerente al ramo maschile dell’albero della vita nel quale è posta. Uno dei suoi simboli è il bastone, che collega il cielo con la terra: lo si usa impugnandolo dall’alto per toccare la terra, in basso. E’ anche il simbolo del comando, una delle funzioni attribuite alla polarità PLUS: colui che dirige, che apre la via e fa strada con il bastone; il potere che è in grado di dare la direzione, condurre e creare progetti. Innumerevoli sono le immagini del “bastone del comando” che si susseguono nella storia e nella mitologia, da quello con cui Mosè divise le acque e successivamente indicò la Terra Promessa; a quello rinvenuto nella tomba del giovane faraone Tutankamon, sul cui manico sono ritratte le razze sottomesse al suo dominio; al bastone dei principi-pastori poi ripreso in ambito greco, latino e in fine divenuto il pastorale vescovile cristiano; a quello che veniva spezzato sulle ginocchia del re di Francia morente al grido “il re è morto”, per poi consegnarne uno nuovo al suo successore con il motto “viva il re”.

Chesed è anche Misericordia: l’amore infinito che viene elargito a tutti ma a condizione di essere conformemente contenuto dall’azione di Gevurah, che così svolge la sua funzione. Il re buono, che amministra la giustizia corretto e sorretto dalla “giusta Forza” condurrà il suo popolo alla pace e alla prosperità, il cattivo re lo amministrerà da tiranno, portandolo alla rovina.

Al Re Buono si ubbidisce davvero soltanto quando i suoi “sudditi” hanno sviluppato dentro di sé, attraverso la disciplina (fornitagli da Gevurah) il senso dell’umiltà, che significa etimologicamente “della terra”. Proprio perché è buono (sa esprimere l’amore misurato) verrà seguito e rispettato dai sudditi, che svilupperanno a loro volta la qualità della devozione e non quella, deteriore, della piaggeria.

Abbondanza = Amore + Forza

La forza, ascendendo, incontra la discesa dell'amore infinito, e in ogni livello lo rende disponibile nella giusta misura alle condizioni di tutti gli esseri.

L’abbondanza qui può essere intesa in due gradi di significato conviventi. In primo luogo come espressione del giusto equilibrio tra vuoto e pieno, quindi il segno più tra le due polarità rappresenta la loro unione indissolubile. Un’altro livello è l’assimilazione di abbondanza al concetto di spazio pieno (o almeno tendente al pieno), spazio che si muove con tutti gli stati della materia e permette la trasmissione delle informazioni, ognuna con la sua portante, vibrando realizza così le dimensioni dello spazio e del tempo.

Il bastone attraverso cui il Re può fare, è anche simbolo della coscienza che domina la materia trasmutando il corpo fisico. Unito alla forza della struttura (YIN) e alla giustizia del ritmo conciliante (NEUTRO) crea e ìmpera su tutta la materia. Il 4, numero ordinale di CHESED, è il numero di Dalet, la quarta lettera dell’alfabeto ebraico, che tra gli altri significati a anche quello di porta, di apertura verso qualcosa di nuovo. Qui troviamo la valenza di tramite, di passaggio del 4, verso una realizzazione ancora più alta rappresentata nella triade superiore da Chokhmah, la numero 2. Così immaginavano il re, ad esempio, i popoli celtici, chiamandolo “Albiorix”, re (rix) del mondo (albio, bianco, il colore dell’acqua profonda che scorre nella terra), ma anche interpretabile come “re” grazie alla “forza giusta”, della terra, a Gevurah. Ha lo stesso significato l’iniziazione impartita ai regnanti Khmer, in Indocina, che venivano incoronati alla presenza del sacro Shiva-lingam, emblema del potere maschile dello YANG, fallico, appoggiato su quello uterino e femminile, YIN, sua controparte e insieme sua “misura”.

 

 

 

 

 

TIRAR LE FILA DEL DISCORSO

I Santi Saggi [...] contemplarono i mutamenti nel chiaro e nell’oscuro.

e in accordo con questi stabilirono i segni.

[...] Nel ponderare fino in fondo l’ordinamento del mondo esteriore

e nell’esplorare la legge della propria interiorità fino al suo nucleo più profondo,

essi pervennero a comprendere il destino.

I CHING, ed Adelphi, 2003, Libro secondo, CAP. 1

 

Arriviamo con questo post alla conclusione di questa nostra collaborazione.

Siamo partiti dalla tesi secondo cui nella costituzione di ogni cosa esistono tre forze e abbiamo pensato di farne oggetto di trattazione.

In seguito abbiamo compreso che noi tre, all’interno del nostro gruppo, ci relazioniamo secondo lo stesso gioco di forze. E' stato quindi naturale collaborare alla descrizione di ciascuna di esse e del loro meraviglioso interagire.

Perciò, a partire dalla tradizione kabbalistica ebraica, dalle culture europee ed extraeuropee e dalle rispettive sfere d’interesse, abbiamo identificato i simboli, le immagini, le allegorie e le metafore che ci hanno aiutato a esplorare la fecondità di significato delle tre forze.

Infine, abbiamo associato le tre polarità alle Sefirot kabbalistiche (Sfere, che indicheremo con la maiuscola) Chesed, Gevurah e Tiferet, che si trovano al centro dell’Albero.

Il percorso delle Sefirot nell’Albero della Vita1 ci è servito sia da cornice di riferimento sia da strumento interpretativo di giusta ricchezza, ispirazione e e profondità. Una possibile traduzione dell’espressione ebraica che sta per Albero della Vita, Etz Ha Chayim, dove Chayim è il plurale di Chayah, "la vita", è infatti la crescita delle vite2. Lo schema di tutto ciò che si manifesta nel creato.

Le tre Sfere sono in quest'ottica uno stralcio di livelli attraverso i quali la vita si materializza, seguendo le sue proprie leggi. Esse non possono e non devono mai essere suddivise in "materie", poiché la sostanza vitale è una e uno solo dovrebbe essere lo studio, integrato, della realtà.

Con questo lavoro abbiamo perciò voluto condividere sia un modo nuovo di scoprire il mondo, sia un approccio che possa conciliare la ricerca di sé con la capacità di vedere ciò che sta fuori da noi, in un’ottica multi-livello.

Dopo aver pubblicato l'introduzione “Da dove nascono le idee?”, nel quadro di un progetto di cross blogging integrato, abbiamo contribuito, su ciascuno dei nostri rispettivi blog, pubblicando la descrizione ognuno del proprio ruolo, all’interno di questa collaborazione:

NEUTRO - TIFERET: Il CALORE DELLA BELLEZZA

MINUS - GEVURAH: LA FORZA GIUSTA

PLUS - CHESED: L'AMORE SENZA LIMITI

Se il lavoro è collaborativo, simultaneo e multi-livello, il risultato è armonico e integrato, a beneficio collettivo.

Invece, se si verifica uno squilibrio tra le due polarità Gevurah (Forza, ma anche chiamata Din, Giudizio) e Chesed (Amore, ma anche Bontà), l’ideale di abbondanza (creare felicità per se stessi e gli altri) si trasforma in sperperio delle risorse e delle energie personali. Il vizio capitale corrispondente a questo stato, è codificato dalla tradizione nella “gola”, la “dannosa colpa” dantesca, intesa come dipendenza dal consumo continuato ed eccessivo di qualcosa di esterno, per la definizione della propria felicità. La golosità, per altro, può manifestarsi non solo sul piano fisico, ma anche sul piano emotivo (ossia: sempre nuove emozioni ecc.) oppure su quello mentale (sempre nuove conoscenze, passare da un maestro all’altro ecc).

Forse anche per questo, spesso nella mitologia la gola “buona”, in quanto organo della parola insieme alla bocca, viene divinizzata quale nume tutelare della conoscenza: i romani ad esempio veneravano in tal senso una dea specifica, Angina (da non confondere con Angerona,protettrice contro l’angina pectoris); ancor più efficace sembra essere la grande madre indiana, la dea Saraswati, verità, conoscenza, comunicazione in tutte le sue forme, anche artistiche e portatrice della “parola”. Nel suo nome sanscrito, che significa “colei che scorre”, colei che è “fiume d’acqua viva” e nel suo essere parola, unisce il suo essere mezzo di elevazione personale quanto di “flusso” positivo che sviluppa movimento intorno a sé.

Se la conoscenza è invece imperfetta e alimenta la “gola”, essa diventa il peggior demone dell’uomo, l’essere primordiale e pressoché invincibile che nel libro di Giobbe porta il nome di Behemot, talmente potente che “solo il suo Creatore lo minaccia di spada”.

Livelli e pilastri

Ancora alcune spiegazioni e interpretazioni sull’Albero della Vita. Esso presenta una divisione in quattro piani: il primo è formato dalla triade Keter, Chokhmat e Binah, detta anche Macroprosopus, ossia il regno della potenzialità. Nel Microprosopus, composto da tutte le restanti Sefirot, che riguardano la possibilità di attuazione, troviamo gli altri tre piani, composti dalla triade oggetto di questi nostri discorsi (Tiferet-Gevurah-Chesed), la triade Yesod-Hod-Netzach e infine il piano materiale, dominato da Malkhut (v. fig. 1).

fig. 1 (tratto da Nadav Crivelli, L’Albero della Vita e le Dieci Sefirot (Il progetto di rettificazione della consapevolezza universale) - edito dalla scuola Chokhmat Ha Emet - la Sapienza della Verità , Milano)-

L’Albero è inoltre costituito da tre pilastri: quello a sinistra, Yin, femminile, MINUS, e quello Yang a destra, maschile, PLUS (figg. 1 e 2). Con questi due soli pilastri lo schema si identificherebbe con l’Albero del Bene e del Male, che troviamo citato nella Genesi, sede di un insanabile e irrisolvibile dualismo e simbolo di imprigionamento sul piano materiale. Gevurah e Chesed si trovano su questi due opposti.

fig. 2 - i tre pilastri, nei quali possiamo riconoscere le Sefirot (tratto da J.F.C. Fuller, The Secret Wisdom of the Qabalah)

Il ramo destro dell’albero corrisponde alla polarità YANG, al maschile archetipico, e nell’I Ching al trigramma Ch’ien, il creativo(fig. 3). Il ramo sinistro corrisponde alla polarità YIN, al femminile archetipico, e nel taoismo, al trigramma K’un, il ricettivo (fig.4).3

Ch’ien K’un

Il pilastro centrale, o Sentiero Mistico, è il Pilastro dell’Equilibrio: lo identifichiamo con la terza forza o NEUTRO, armonizzatrice delle due polarità precedenti. Su di esso troviamo anche Tiferet, la Sefirah di cui abbiamo parlato nel post IL CALORE DELLA BELLEZZA. La presenza di questo agente armonizzante trasforma l’Albero in schema di liberazione, di ritorno alla divinità e non solo come mappatura della discesa sul piano della materialità.

Possiamo considerare i rapporti tra le Sefirot raggruppate a triadi in parallelo con la bipolarità e l’aggiunta del NEUTRO racchiudendoli in due grandi dimensioni, o categorie:

1. Dimensione orizzontale (microcosmo): ogni triade che sta nella stessa dimensione, corrisponde all’espressione del piano divino a quel livello. E’ possibile anche tracciare un parallelismo tra quest’uso della dimensionalità e gli archetipi.

Al livello orizzontale dell’Albero (ossia all’interno di ciascuna delle triadi citate) avviene il passaggio tra le idee generate sui piani superiori e la loro realizzazione sul piano concreto.

Tutto questo a due condizioni: che l'azione tra le forze sia combinata correttamente; che questo meccanismo permetta alle impressioni superiori di penetrare le difese del livello e di venire integrate coerentemente, sia secondo gli equilibri vigenti tra le forze, sia secondo le capacità dei vari aspetti di ognuna.

Esemplificando, al livello di Gevurah, Tiferet e Chesed e a quello immediatamente inferiore (Hod, Yesod e Netzach) è rappresentata la possibilità di realizzare un progetto a partire da un’idea, attraverso la condivisione tra esseri umani. Per questo devono vivere il confronto con se stessi e tra loro, cercando di sopraffare, ognuno, le proprie illusioni, derivanti dall'incapacità di assorbire nella loro interezza le idee provenienti dai piani superiori.

2. Dimensione verticale (macrocosmo): rappresenta il raggio di creazione che parte da Dio e raggiunge tutto l’universo attraverso il dipanarsi di realtà stratificate (in livelli orizzontali). L’uomo è chiamato a ripercorrere all’inverso questo sentiero tracciato. Solo dopo aver fatto sufficiente esperienza di ognuna delle dimensioni in cui si trova, potrà passare alla rispettiva superiore, risonante con i corpi posseduti e quelli eventualmente ottenuti.

Le fascie triadiche orizzontali possono essere quindi vissute ascendendole e discendendole, più volte, anche all’interno della stessa giornata! In pratica, ogni volta che si vive in una fascia si possono apprendere, attraverso l’esperienza consapevole (nel presente e nella direzione che si sta seguendo) le informazioni necessarie a modificare la conoscenza e l’essenza in vista di un passaggio a livelli superiori (nel senso che sono più complessi), quindi a triadi più elevate.

In conclusione

Abbiamo cercato insieme di sfiorare quel movimento di "discesa" e "risalita" comune a tutte le esistenze, a tutte le cose e a tutte le creature dell'Universo, cercando di descriverne organicamente le caratteristiche peculiari.

Esso è un'onda che porta con sé la vita, permeando e trasformando tutto e tutti. Non è mai ferma, perciò non è semplice afferrarla: possiamo vedere e analizzare i suoi momenti cristallizzati, ma essi non sono che istantanee di qualcosa che è sempre in movimento, omnicomprensiva, e quindi infinitamente più complessa. La radioestesia nel suo senso e significato più naturale, comunque, ci invita a contemplarla: ogni tentativo, infatti, ci fa risuonare con parti di quest’onda vitale, dalla quale noi stessi proveniamo. Vibrando secondo il suo ritmo, perciò, rimaniamo liberamente agganciati a quel progetto universale che è allo stesso tempo radice e scopo per tutti gli esseri, in tutte le ere e in tutte le dimensioni in cui esistono.

Queste informazioni potrebbero essere del tutto nuove per molti di noi. Ma esse, altrettanto, risuonano sulla medesima onda e nonostante le resistenze della mente, ci auguriamo possano, se anche solo lette o ascoltate, entrare con il tempo a far parte del nostro pensare e del nostro sentire.

 

Francesco Carlo Paolo

 

 

 


 

1 che è anche meravigliosa metafora del percorso di vita di ciascun essere umano, ma anche in generale di tutto ciò che dal piano divino è stato emanato, creato e formato e sta iniziando a vivere

2 Traduzione di Igor Sibaldi, dal DVD Istruzioni per gli angeli (http://www.nonsoloanima.tv/cat-iframe.php?redirect=/libri/__istruzioni-per-gli-angeli.php)

3saper serbare serenità nel cuore e tuttavia esser preoccupati nel pensiero: così si è in grado di determinare salute e sciagura sulla terra e di compiere ogni cosa difficile sulla terra”, I CHING, ed Adelphi, 2003, pag.377

 

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Francesco Teruggi

Scrittore e giornalista pubblicista. Direttore delle collane "Malachite" e "Topazio" presso Giuliano Ladolfi Editore. Autore del saggio divulgativo "Il Graal e La Dea" (2012), del travel book "Deen Thaang - Il viaggiatore" (2014), co-autore del saggio "Mai Vivi Mai Morti" (2015), autore del saggio "La Testa e la Spada. Studi sull'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni" (2017), co-autore del saggio storico "Il Filo del Cielo" (2019) pubblicato in edizione italiana e in edizione francese. Presidente dell'Associazione Culturale TRIASUNT. Responsabile Culturale S.O.G.IT. Verbania (Opera di Soccorso dell'Ordine di San Giovanni in Italia).

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