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Martedì, 03 Dicembre 2013 14:34

MAGDALENA (parte II) - Le vicende dei Sette di Betania

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Con questo post continuiamo a seguire le peripezie della compagnia giudaica dopo lo sbarco in Provenza.

Giunte al termine della loro esistenza, Maria Jacobè per prima, secondo la tradizione e Maria Salomè poco tempo dopo, vengono sepolte in una tomba appositamente preparata per loro nella piccola chiesa di Ratis. La fama delle loro gesta e dei miracoli che continuano a produrre anche dopo la morte cresce rapidamente. A loro si aggiunge presto Sara, sepolta "in odor di santità" accanto alle due Marie. Già nel IV secolo, il povero oratorio viene sostituito con una chiesa più grande e maestosa, dedicata alla Vergine, cui viene affiancato un monastero delle Religiose di Arles.

 

 

Santa Sara (cripta della chiesa di Les Saintes Maries de La Mer, Camargue)

 Tra il VIII e il X secolo, però, le continue scorribande costringono i fedeli a rimuovere le reliquie delle Marie e di Sara dalle loro venerate tombe e nasconderle accuratamente dove non possano essere trovate. Il ricordo del luogo esatto viene dimenticato. Nel IX secolo viene costruita una prima struttura difensiva che ingloba la chiesa della Vergine, poi ampliata fino all'aspetto che tutt'oggi conserva, nel XII secolo. Con il tempo la devozione cresce e con essa i primi pellegrinaggi e la fondazione della Confraternita delle Sante Marie, menzionata per la prima volta nel 1338 ma forse esistente già dal 13151. Intanto le tracce delle reliquie e della loro esistenza si perdono.

E gli altri di Betania? Secondo alcune tradizioni non sarebbero mai neppure arrivati in Provenza. Per quella Ortodossa, Lazzaro si sarebbe fermato a Cipro e sarebbe stato eletto primo vescovo di Larnaca (all'epoca Kition) da San Paolo e San Barnaba. Le sue spoglie si troverebbero ancora nella chiesa omonima sorta sulla tomba, ritrovata nell'890, che portava incisa la dedicazione "Lazzaro l'amico di Cristo". A Marsiglia ci sarebbe arrivato, per così dire, solo nel 1024, quando le spoglie furono qui trafugate dai Franchi come parte del bottino del "Sacco di Costantinopoli". Ma queste reliquie di epoca crociata nei secoli successivi andarono irrimediabilmente perse.

 

Tomba di Lazzaro a Larnaca, Cipro

 Secondo la leggenda provenzale invece, Lazzaro si sarebbe fermato a Marsiglia diventandone poi il primo vescovo. Dopo molti anni di predicazione sarebbe stato murato vivo in una cella della prigione che prese il suo nome, durante le famigerate persecuzioni di Domiziano.

Sidonio, Massimino e Maria Maddalena, dopo aver condiviso parte del percorso con Lazzaro, proseguirono verso oriente per fermarsi nel Var, presso la romana Villa Lata. Mentre gli altri due continuavano la predicazione fra la gente, Magdalena, in cerca di raccogliemento, decise di ritirarsi in una grotta sul massiccio appena fuori dall'abitato, proprio dove, in tempi più antichi, si adorava Artemide. Racconta la leggenda che la grotta era umida ed inospitale, fatta eccezione per l'angolo più oscuro e profondo che, però, era occupato da una bestia mostruosa, una Tarasca dal soffio di fuoco.

 

La Sainte Baume, interno

 Il miracoloso intervento occorso in quel frangente, quale risposta alle suppliche alzate al cielo da Maria di Magdala, di un angelo che avrebbe scacciato dalla sua tana il mostro, è all'origine della "strana coppia" che da allora si accompagna al mito della santa.

Quasi sempre, dove si trova un'effige, un dipinto, una statua, una dedicazione alla Maddalena, nelle immediate vicinanze fa capolino San Michele Arcangelo, che fu identificato con la figura celeste inviata per cacciare la Tarasca con la sua spada, nonchè con quella che, ogni giorno per sette volte (numero non casuale in questa storia e che molte volte ritorna), dopo quell'evento, accompagnava la santa in cielo e la riportava in terra.

 

La Sainte Baume, Magdalena sette volte portata in cielo

 Insomma, dove si insedia la Maddalena, accorre San Michele per farle posto. I due santi sono sempre compresenti. Accade alla Sainte-Baume, la grotta-rifugio della tradizione, trsformata in chiesa rupestre, a Saint Maximin in Provenza nella grande Cattedrale dedicata a Maria di Magdala o a Vezelay, altro suo celebre luogo di venerazione. Ma lo si può verificare anche fuori dalla Francia: la regola è la stessa. In Italia, altari e cappelle dedicati all'uno e all'altra sono ad esempio compresenti nelle gemelle lombardo-emiliane dell'abbazia benedettina di Clairvaux, Chiaravalle Milanese e Chiaravalle della Colomba.

 

Chiaravalle della Colomba - la Magdalena e S. Michele nelle rispettive cappelle

 Curiosamente, però, la "strana coppia" non compare in uno dei luoghi diventati più celebri negli ultimi decenni proprio per il suo legame con la Maddalena: il borgo esoterico di Rennes le Chateau, nell'Aude francese. Ogni cosa qui, dalla chiesa a lei dedicata, alle numerose statue che la ritraggono, al nome della strana torre-biblioteca voluta dal misterioso parroco Berenger Sauniére, sono prepotenti richiami a Maria di Magdala. Nei pressi del villaggio c'é perfino una grotta denominata Sainte-Baume, raffigurata sull'altare della parrocchiale con la santa al suo interno. Ma dell'arcangelo con la spada non c'é neppure l'ombra. In questo strano luogo, forse, il mostro non è mai stato cacciato e Maddalena non sale davvero al cielo.

La morte della santa è avvolta nel mistero. Si raccconta sia spirata tra le braccia di San Massimino, diventato nel frattempo vescovo di Villa Lata, nei pressi di una colonna, le Saint Pilier o Saint Pilon (ancora esistente e su cui è stata costruita una chiesa) sulla sommità del massiccio in cui si apre la Sainte Baume. Infine i due sarebbero stati sepolti insieme accanto a Sidonio, succeduto a Massimino sulla cattedra vescovile.

 

La Sainte Baume (in basso a destra) e Le Sain Pilier (in alto al sinistra)

 La Tarasca invece, cacciata dalla regione del Var, aveva subito ricominciato a seminare morte e distruzione in quella di Arles (secondo alcune versioni del racconto, non si tratterebbe della stessa bestia ma di due diverse bestie della stessa specie), proprio dove si era diretta la sorella della Maddalena, Marta. Era qui, infatti, appena fuori Nerluc (oggi Tarascon, dal nome della bestia), che la bestia aveva scavato la sua tana. L'essere viene descritto con sei zampe tozze e possenti, protetto da un carapace simile a quello delle tartarughe ma irto di punte acuminate, muso di leone e lunga coda da rettile.

 

La Tarasque o Tarasca

 L'orribile creatura, più grande di un bue e capace di disarmante crudeltà e furbizia, seminava il panico terrorizzando le fanciulle e divorando i bambini e a nulla erano valsi i numerosi tentativi di ucciderla. Poi, un giorno, il leviatano tentò di assalire Marta, scesa sul greto del Rodano a lavare le proprie vesti. Ma calpestò inavvertitamente i panni umidi della futura Santa che, per nulla intimorita, si limitò ad apostrofare la bestia e a schizzarla d'acqua per rimproverarle quel gesto. Fu così, si dice, che la Tarasca, sentendosi accettata per la prima volta da quando esisteva, si lascò convincere a farsi mettere una corda al collo e a seguire Marta fino in città, come un animale domestico. Secondo una diversa versione, Marta si sarebbe messa a pregare e ad ogni Ave Maria il mostro si riduceva di dimensioni, finchè diventò delle dimensioni di un cane.

 

Marta conduce la Tarasca a Nerluc, miniatura da un manoscritto francese del XV sec.

 

L'epilogo della storia, però, non cambia. Quando i cittadini di Nerluc videro la santa entrare in città con il mostro "al guinzaglio" e ormai ammansito al punto da non essere più pericoloso, non vollero correre rischi e a poco valsero le proteste di Marta. La Tarasca fu immediatamente passata da parte a parte e poi smembrata, per essere sicuri che non potesse più tornare.

Così quel "mostro" che Maddalena aveva solo fatto andare via e che Marta aveva posto sotto la sua protezione in modo che non potesse nuocere, ma che era stato lasciato in vita, poichè tutto a questo mondo ha un suo posto e un suo scopo, fu distrutto senza indugio dall'uomo, solo per paura.

Fin qui la storia dei Sette di Betania è leggenda. Poi, nel medioevo, si rivestirà di un manto di verità quando le reliquie dei santi predicatori, sbarcati miracolosamente in Provenza dalla Giudea, verranno ritrovate e su di esse si erigeranno grandi cattedrali.

Ma di questo parlerò, sempre a modo mio, in un prossimo post...

 Continua ---> Le reliquie dei Sette di Betania

 


NOTE

 1Rispettivamente: archivio delle Sante Marie e Histoire de Sainte Marie Jacobè et de Sainte Marie Salomè (anonimo, 1780).

 


BIBLIOGRAFIA

 

Yves Bridonneau, The Tomb of Mary-Magdalene Saint-Maximin-la-Sainte-Baume: Christianity's third more important tomb, 2006

A.Chapelle, Les Saintes-Maries-De-la-Mer L'église et le pèlerinage, 1997

Nicole Lazzarini, Contes et légendes de Provence, 2002

Géraldine Dubois-Galabrun e Pierre-Emmanuel Duret, La Sainte Baume, 2009

Ernest Ingersoll, Dragons and Dragon Lore, 1928

Michel Moncault, La Basilique Sainte-Marie-Madeleine et le Couvent Royal, 1985

Francis Salet, Le Madeleine de Vezelay, 1948

Hugues Delautre, La Madeleine de Vézelay: guide book and plans, 1983

 

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Francesco Teruggi

Scrittore e giornalista pubblicista. Direttore delle collane "Malachite" e "Topazio" presso Giuliano Ladolfi Editore. Autore del saggio divulgativo "Il Graal e La Dea" (2012), del travel book "Deen Thaang - Il viaggiatore" (2014), co-autore del saggio "Mai Vivi Mai Morti" (2015), autore del saggio "La Testa e la Spada. Studi sull'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni" (2017), co-autore del saggio storico "Il Filo del Cielo" (2019) pubblicato in edizione italiana e in edizione francese. Presidente dell'Associazione Culturale TRIASUNT. Responsabile Culturale S.O.G.IT. Verbania (Opera di Soccorso dell'Ordine di San Giovanni in Italia).

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