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Madonna dello Scopello - luogo di eternità
Sulla sinistra orografica della Toce, poco oltre la punta di Migiandone, uno sperone roccioso e irregolare, ammantato di verde, si protende in Ossola. Lungo la sottostante Provinciale 166 un cartello indica “Madonna dello Scopello (Tasso secolare sec. XVI)”.
Si sale lungo la mulattiera segnata da una cappelletta e ci si infila nel bosco. Poche decine di metri e la sommità è raggiunta. Tra gli alberi spunta un oratorio dipinto di bianco e giallo.
L'ingresso è preceduto da un sagrato che sporge come un balcone verso valle; l'interno è semplice, a navata unica, con l'altare sovrastato da un grande arco. Su un lato si apre una sorta di cappella, come un braccio laterale, in cui sono appesi ex-voto in ringraziamento alla Madonna per i prodigi accordati.
Il santuario sorse verso la fine del 1600 quale monumentale voto collettivo. Fu innalzato sul lazzaretto che era stato qui approntato al tempo della Peste Nera manzoniana, che aveva colpito duramente non solo la capitale del ducato milanese ma anche le valli alpine.
Che il luogo probabilmente non fosse stato scelto a caso, lo testimonia in qualche modo il maestoso tasso (taxus baccata) plurisecolare che ancora si innalza per più di sedici metri proprio accanto all'oratorio. Pare si trovasse su quello sperone roccioso ben prima del lazzaretto e del piccolo santuario. E già i popoli celtici consideravano il tasso l'albero della morte, forse per il liquido velenoso che stilla dalle sue bacche e che si usava nell'antichità per rendere ancor più mortifere le punte delle frecce. Secondo alcuni l'accostamento verrebbe invece dal suo particolare legno, molto adatto a costruire archi e lance, strumenti di morte.
Il toponimo del luogo è un'indicazione ancor più attendibile e chiara. Sembra infatti che si possa far derivare “scopello” dal greco skopelos, scoglio, sperone, o dal latino scopulus, che sta genericamente per “rupe”. In entrambi i casi il probabile riferimento è a certe “rupi” dalla fama sinistra, come quella Tarpea, sul lato meridionale del Campidoglio romano dalla quale venivano gettati i condannati a morte, o quella analoga spartana del monte Taigeto.
Simbolicamente la rupe, lo “scopello” si può dunque intendere come una sorta di “trampolino” per l'eternità, una rampa di lancio verso l'aldilà. Questa sembra proprio essere l'impronta energetica del luogo, la sua caratteristica peculiare. Nella vicina Mergozzo, a riprova, c'é un “Prato Scopello” ed è dove ancora si trova il cimitero del paese e la sua chiesa, in cui un altare seicentesco, fu dedicato a San Rocco, in segno di ringraziamento per la fine dell'epidemia di peste.
Ogni luogo sulla terra è deputato per natura ad un diverso e preciso scopo. E quando i bubboni comparivano impietosi, il “condannato” a morte quasi certa non poteva che essere portato dove la terra si sarebbe presa cura al meglio di lui. Su quello sperone, l'ammorbato, l'avvelenato dal male, forse poteva ricevere dall'alto una cura per il corpo, un “antidoto” in senso “omeopatico”: il veleno avvelena il sano, ma guarisce l'avvelenato.
Se, invece, per la cura corporale fosse stato troppo tardi, quel medesimo luogo avrebbe potuto prendersi cura dell'anima del moribondo, aiutandolo a “levar le ancore”, a staccarsi dal mondo terreno senza rimorsi, senza rimpianti, senza alcun peso che lo trattenesse, proprio come accadeva al condannato che veniva “gettato dalla rupe”, spinto “fuori” dalla realtà ordinaria senza possibilità di ritorno.
Così, la longeva velenosità del tasso, secondo solo alla quercia, che richiama la morte ma anche l'eternità e il toponimo di “scopello” non sono in contrasto ma in piena armonia con il particolar soprannome della Madonna che regna su questo sperone ossolano. E' la “Madonna dei fichi” e si dice che ciò venga dai frutti che costituivano le offerte più ricercate all'asta che si teneva nel giorno della sua festa, la prima domenica di Settembre. E se invece fosse perchè il ”frutto” di cui è portatrice quella Madonna è proprio la vita eterna di cui il fico è simbolo?
Il mistero megalitico dei bal-men
Quando si parla di megalitismo, soprattutto nel Vecchio Continente l'associazione immediata che si impone è con gli enigmatici dolmen e con le file di menhir che svettano verso il cielo, sparsi un po' in tutto il globo. Ma ci sono altri enigmatici relitti di quel tempo sparsi anche tra le nostre montagne.
Trappola ossolana per demoni (1)
Ho potuto analizzare, insieme ad alcuni buoni amici, un reperto recentemente ritrovato in Ossola, una pietra scolpita, che ha rivelato un uso rituale molto interessante.
Ma comincerò a raccontarvene la storia partendo da molto lontano...
Nell'Africa orientale in cui ho a lungo vissuto, capitava che qualche locale mi consigliasse di non far arrabbiare questa o quella persona, perché teneva in casa, chiusi nei barattoli, intere orde di demoni e di genii che avrebbe potuto scatenarmi contro a piacimento. È quella che lungo la costa africana chiamano “uchawi”, la parte più oscura ed esoterica della religione, sia quella tribale che quella musulmana.
Un oratorio alpestre
Oggi voglio presentarvi il rilievo radiestesico di un piccolo oratorio alpestre. In questo caso, per rispetto del particolare luogo in cui sorge, non ne menzionerò il nome nè l'esatta collocazione.
Sorge a circa 900 mt. di altitudine e si raggiunge solo attraverso una interminabile mulattiera. Le origini risalirebbero al XIV secolo, quando l’alpeggio fu raggiunto da alcune famiglie originarie della vallata antistante. Inizialmente si edificò solamente una semplice cappella. La data di edificazione del primo oratorio invece, corrispondente alla porzione in cui ancora oggi è localizzato l’altare, è il 1728. L’oratorio fu dedicato a San Giuseppe.