La prima opera d'arte ha 500.000 anni
Un'incisione ritrovata in Indonesia proverebbe che Homo erectus aveva capacità cognitive molto più complesse di quanto si è ritenuto finora.
Una serie di linee incise a zig-zag su una conchiglia potrebbe rivoluzionare le nostre conoscenze su quelle che consideriamo le caratteristiche esclusive degli esseri umani moderni, come la capacità di pensiero simbolico e la creatività.
Fino a ieri, la più antica testimonianza conosciuta di attività "artistica" da parte dell'uomo preistorico era rappresentata dai reperti ritrovati nella grotta di Blombos, in Sudafrica, e risalenti a 70-100 mila anni fa: incisioni e manufatti che si pensava segnalassero le prime tracce di pensiero simbolico e capacità di astrazione da parte di Homo sapiens.
Ma il nuovo ritrovamento anticipa a un'epoca (e a una specie) molto più antica questo comportamento. Analizzando l'incisione presente sulla conchiglia di un mollusco bivalve portato alla luce in un sito archeologico indonesiano, un'équipe di scienziati ha proposto una datazione risalente ad almeno 430 mila anni fa. A incidere il guscio quindi non può essere stato un Homo sapiens come noi, ma il nostro antenato Homo erectus, finora ritenuto del tutto privo di questi talenti.
"L'origine di queste capacità cognitive, di queste abilità", dice Josephine Joordens, archeologa dell'Università di Leida e coautrice dello studio pubblicato su Nature, "va situata molto più indietro nel tempo di quanto pensassimo".
Il segreto della conchiglia
La conchiglia incisa era stata ritrovata in un deposito di fossili portato alla luce già nel 1891, in cui il paleoantropologo olandese Eugène Dubois scoprì i primi esemplari della specie da lui chiamata Pithecanthropus erectus e poi ribattezzata Homo erectus, il primo ominide a lasciare l'Africa e "padre fondatore" della linea evolutiva che comprende anche H. sapiens, e quindi tutti noi.
Dubois però non descrisse l'incisione sulla conchiglia: sono stati Joordens e Steven Munro, antropologo al National Museum of Australia, a notarla, sette anni fa. Da allora, assieme alla loro équipe, oggi formata da 21 ricercatori, l'hanno studiata meticolosamente fino a raggiungere una conclusione sulla sua datazione: tra 430 mila e 540 mila anni fa. Gli studiosi hanno anche escluso spiegazioni alternative: l'incisione, così come i buchi presenti su altre conchiglie, furono realizzate da Homo erectus con l'aiuto di utensili.
Cambia la storia dell'evoluzione umana?
Secondo Anne Brooks, paleoantropologa della Smithsonian Institution, lo studio ha profonde implicazioni per la comprensione dell'evoluzione dell'uomo. Finora la comunità scientifica era pressoché unanime nel ritenere che gli esseri umani moderni fossero comparsi tra 100 e 200 mila anni fa, grazie a una "accelerazione evolutiva" relativamente breve. Nei millenni successivi comparvero i primi dipinti murali e le prime sculture, frutti maturi di quelle capacità cognitive considerate esclusive della nostra specie, non a caso battezzata sapiens.
Alcune scoperte hanno dimostrato che anche i Neandertaliani possedevano una ricca cultura simbolica: ad esempio, usavano artigli d'aquila come gioielli e realizzavano incisioni nella roccia. Ma questo comportamento sarebbe emerso relativamente di recente (gli artigli risalgono a 40 mila anni fa); e comunque le differenze evolutive tra Homo neanderthalensis e Homo sapiens sono molto meno profonde rispetto a quelle che ci dividono da Homo erectus.
Insomma, scoprire che H. erectus era capace di realizzare incisioni artistiche rimetterebbe tutto in discussione. "Quello che consideriamo il comportamento umano moderno non emerse di colpo, come una scintilla", dice Joordens. "A quanto pare, qualcosa di simile esisteva già molto tempo prima".
Nell'articolo per Nature, però, Joordens e colleghi usano un linguaggio cauto, evitando di usare termini come arte, ragionamento simbolico, modernità. Non possiamo sapere, precisa la studiosa, quali fossero le intenzioni dell'incisore. Ma aggiunge: se la conchiglia fosse stata trovata tra fossili di Homo sapiens risalenti a 100 mila anni fa, "parleremmo quasi sicuramente di arte simbolica primitiva".
"C'è abbastanza per ricominciare a porsi una domanda molto spinosa", dice Pat Shipman, paleoantropologa della Pennsylvania State University: "che cosa si intende, in realtà, per 'comportamento umano moderno'?". E Joordens insiste: l'idea stessa che le capacità cognitive di Homo sapiens siano esclusive della specie "va riconsiderata".
Tutto fa pensare che il dibattito andrà avanti per anni. Nel frattempo, Joordens e colleghi intendono studiare altri pezzi della collezione e tornare sul sito dello scavo: "Di sicuro non abbiamo ancora trovato tutto".
Fonte: National Geographic
Francesco Teruggi
Scrittore e giornalista pubblicista. Direttore delle collane "Malachite" e "Topazio" presso Giuliano Ladolfi Editore. Autore del saggio divulgativo "Il Graal e La Dea" (2012), del travel book "Deen Thaang - Il viaggiatore" (2014), co-autore del saggio "Mai Vivi Mai Morti" (2015), autore del saggio "La Testa e la Spada. Studi sull'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni" (2017), co-autore del saggio storico "Il Filo del Cielo" (2019) pubblicato in edizione italiana e in edizione francese. Presidente dell'Associazione Culturale TRIASUNT. Responsabile Culturale S.O.G.IT. Verbania (Opera di Soccorso dell'Ordine di San Giovanni in Italia).
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