DeenThaang - Il Viaggiatore: scopri il libro!
Cinque domande per conoscere meglio DeenThaang - Il Viaggiatore
Perché è interessante?
Deen Thaang – Il Viaggiatore è un omaggio al viaggiare, ai veri viaggiatori e ai grandi scrittori di viaggio, non una semplice raccolta di consigli e curiosità, ma il racconto dell'avventura di chi parte per conoscere, dell'uomo che si confronta con uno dei più profondi e antichi caratteri dell'esistenza umana.
Viaggiare e scrivere di viaggi, è un bisogno ancestrale e universale, che attraversa i secoli, le culture, i popoli e le coscienze. Si parte, si porta a termine un percorso, si ritorna al punto di partenza. E ci si scopre diversi, cambiati dalle esperienze, dai luoghi, dalle genti, dalle tradizioni.
Viaggiare è essere. Non c’è viaggio infatti senza coscienza, senza comprensione, in chi lo compie, del posto che occupa nell’universo. Se l’essere umano non sa in quale punto del cosmo si trova, non può in alcun modo sapere qual’è la destinazione del suo andare. Ma proprio in questa ricerca di coscienza e comprensione sta il viaggio, quello vero, che vale la pena di essere vissuto.
Di cosa parla?
Deen Thaang – Il Viaggiatore racconta i numerosi anni in cui l'autore ha vissuto e lavorato viaggiando. Non è un diario di viaggio, ma un viaggio che si svolge di pagina in pagina, tra la confusione e la solitudine dei luoghi, attardandosi sullo spirito profondo che li anima, alimentando l'empatia e il rispetto per le culture e le tradizioni. È una storia di storie, di incontri fortuiti, di sorprese, di episodi curiosi e insoliti, di profumi, di aromi speziati, di colori sfolgoranti.
L'unica guida è il cuore del viaggiatore, che sa spingere lo sguardo oltre l'orizzonte, oltre i preconcetti e le incomprensioni.
Perché è un libro da non perdere?
Thaang – Il Viaggiatore raccoglie e rielabora gli scritti personali dell'autore, i reportages di viaggio che ha pubblicato negli anni e alcuni episodi inediti, in una composizione unica che spazia dall'America all'Australia passando per tutti e cinque i continenti, come un volo di mongolfiera, un caleidoscopico giro del mondo, raccontato da un vero viaggiatore: «un dono di gran pregio per chi vuol gettar lo sguardo su città inconsuete e peripli d’incanto».
Il testo è corredato da un apparato fotografico imponente, più di 300 foto a colori provenienti dall'archivio personale dell'autore.
Chi è l'autore?
Francesco Teruggi è uno scrittore, giornalista pubblicista e ricercatore indipendente. Si interessa di sceneggiatura, è impegnato in collaborazioni giornalistiche, dirige le collana "Malachite", “Topazio”, “Agata” ed è responsabile multimedia presso Giuliano Ladolfi Editore.
Ha un'innata passione per i luoghi sacri, le tradizioni, la storia e la spiritualità dei popoli dei cinque continenti e si interessa di innumerevoli discipline scientifiche, dall'archeologia, alla paleontologia, all'antropologia, all'astronomia. Ma non esita a metterle a confronto con ambiti del sapere spesso insoliti, arditi ed esotici, che spaziano dal simbolismo alle discipline ermetiche, alla tecnica della radioestesia, alle terapie di cura naturale.
Nel 2012 ha pubblicato il suo saggio d'esordio, “Il Graal e La Dea”, presentato al Salone interazionale del Libro di Torino nel 2013 e che ha riscosso grande interesse.
Il suo blog è www.francescoteruggi.com
Chi è l'editore?
Giuliano Ladolfi Editore nasce dalla lunga esperienza della rivista di critica letteraria Atelier. La selezione e la rarità che contraddistingue i libri di poesia, di traduzione e di critica, pubblicati dalla casa editrice sono apprezzati e riconosciuti a livello nazionale ed internazionale e hanno ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Con 'Il Graal e La Dea" ha inaugurato la collana Malachite, dedicata alla ricerca storica sperimentale e integrata, per ridare tanto alla storia locale quanto all'approccio multidisciplinare di ampio respiro, la dignità che meritano.
Anteprima del libro
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Deen Thaang - il mio libro
Dall'autore di "Il Graal e La Dea"
una nuova, entusiasmante storia vera
L’uomo è nato vagabondo, viaggiatore.
Il suo comportamento può diventare nomade per necessità,
ma il viaggiare è uno dei suoi più forti istinti,
un tratto essenziale del suo esistere.
Tutto, del resto, è viaggio
perché tutto è sempre
un percorso tra due punti, un movimento.
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L’uomo è nato vagabondo, viaggiatore. Il suo comportamento può diventare nomade per necessità, ma il viaggiare è uno dei suoi più forti istinti, un tratto essenziale del suo esistere. Tutto, del resto, è viaggio perché tutto è sempre un percorso tra due punti, un movimento. Così, nascere, raggiungere questo mondo dalle profondità cosmiche dello spirito, è un viaggio. Crescere, trasformarsi in esseri senzienti, è un viaggio. Esistere in ogni istante è, di per sé, un viaggio. Ma non c’è viaggio senza coscienza, senza comprensione, in chi lo compie, del posto che occupa nell’universo. Se l’essere umano non sa in quale punto del cosmo si trova, non può in alcun modo sapere qual’è la destinazione del suo andare.
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Madonna dello Scopello - luogo di eternità
Sulla sinistra orografica della Toce, poco oltre la punta di Migiandone, uno sperone roccioso e irregolare, ammantato di verde, si protende in Ossola. Lungo la sottostante Provinciale 166 un cartello indica “Madonna dello Scopello (Tasso secolare sec. XVI)”.
Si sale lungo la mulattiera segnata da una cappelletta e ci si infila nel bosco. Poche decine di metri e la sommità è raggiunta. Tra gli alberi spunta un oratorio dipinto di bianco e giallo.
L'ingresso è preceduto da un sagrato che sporge come un balcone verso valle; l'interno è semplice, a navata unica, con l'altare sovrastato da un grande arco. Su un lato si apre una sorta di cappella, come un braccio laterale, in cui sono appesi ex-voto in ringraziamento alla Madonna per i prodigi accordati.
Il santuario sorse verso la fine del 1600 quale monumentale voto collettivo. Fu innalzato sul lazzaretto che era stato qui approntato al tempo della Peste Nera manzoniana, che aveva colpito duramente non solo la capitale del ducato milanese ma anche le valli alpine.
Che il luogo probabilmente non fosse stato scelto a caso, lo testimonia in qualche modo il maestoso tasso (taxus baccata) plurisecolare che ancora si innalza per più di sedici metri proprio accanto all'oratorio. Pare si trovasse su quello sperone roccioso ben prima del lazzaretto e del piccolo santuario. E già i popoli celtici consideravano il tasso l'albero della morte, forse per il liquido velenoso che stilla dalle sue bacche e che si usava nell'antichità per rendere ancor più mortifere le punte delle frecce. Secondo alcuni l'accostamento verrebbe invece dal suo particolare legno, molto adatto a costruire archi e lance, strumenti di morte.
Il toponimo del luogo è un'indicazione ancor più attendibile e chiara. Sembra infatti che si possa far derivare “scopello” dal greco skopelos, scoglio, sperone, o dal latino scopulus, che sta genericamente per “rupe”. In entrambi i casi il probabile riferimento è a certe “rupi” dalla fama sinistra, come quella Tarpea, sul lato meridionale del Campidoglio romano dalla quale venivano gettati i condannati a morte, o quella analoga spartana del monte Taigeto.
Simbolicamente la rupe, lo “scopello” si può dunque intendere come una sorta di “trampolino” per l'eternità, una rampa di lancio verso l'aldilà. Questa sembra proprio essere l'impronta energetica del luogo, la sua caratteristica peculiare. Nella vicina Mergozzo, a riprova, c'é un “Prato Scopello” ed è dove ancora si trova il cimitero del paese e la sua chiesa, in cui un altare seicentesco, fu dedicato a San Rocco, in segno di ringraziamento per la fine dell'epidemia di peste.
Ogni luogo sulla terra è deputato per natura ad un diverso e preciso scopo. E quando i bubboni comparivano impietosi, il “condannato” a morte quasi certa non poteva che essere portato dove la terra si sarebbe presa cura al meglio di lui. Su quello sperone, l'ammorbato, l'avvelenato dal male, forse poteva ricevere dall'alto una cura per il corpo, un “antidoto” in senso “omeopatico”: il veleno avvelena il sano, ma guarisce l'avvelenato.
Se, invece, per la cura corporale fosse stato troppo tardi, quel medesimo luogo avrebbe potuto prendersi cura dell'anima del moribondo, aiutandolo a “levar le ancore”, a staccarsi dal mondo terreno senza rimorsi, senza rimpianti, senza alcun peso che lo trattenesse, proprio come accadeva al condannato che veniva “gettato dalla rupe”, spinto “fuori” dalla realtà ordinaria senza possibilità di ritorno.
Così, la longeva velenosità del tasso, secondo solo alla quercia, che richiama la morte ma anche l'eternità e il toponimo di “scopello” non sono in contrasto ma in piena armonia con il particolar soprannome della Madonna che regna su questo sperone ossolano. E' la “Madonna dei fichi” e si dice che ciò venga dai frutti che costituivano le offerte più ricercate all'asta che si teneva nel giorno della sua festa, la prima domenica di Settembre. E se invece fosse perchè il ”frutto” di cui è portatrice quella Madonna è proprio la vita eterna di cui il fico è simbolo?
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Come acquistare Il Graal e La Dea
Editore: Giuliano Ladolfi
Collana: Malachite
ISBN: 978-88-6644-081-9
Pagine: 256, a colori
Anno di edizione: 2012
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Recensione di Rosanna Cerone
Come chiunque voglia comunicare con gli altri, anche l'autore parte da ciò che gli è più vicino: un mistero ha percepito attorno a sé, in quel 'remoto paese dell'Ossola', a Ornavasso, all'interno del Santuario della Beata Vergine della Guardia.